Risarcimenti

Analizziamo di seguito la possibilità di ottenere risarcimenti a seguito di traumi secondo la Legge



Generalità.

Per danno alla persona si intende una modificazione peggiorativa della sua entità psico-fisica (elemento biologico), considerata il bene tutelato dalla legge, il cui pregiudizio suscita una reazione dell’ordinamento giuridico rivolta alla riparazione del danno (elemento giuridico), in ambito di responsabilità penale, civile, assicurazioni sociali o private.



Determinanti del danno.

a) Azione lesiva: è rappresentata dall’incontro fra l’agente dannoso e l’organismo e s’identifica con la causa vera e propria del danno. La ricerca del momento lesivo non si esaurisce con lo scoprire l’eziologia e la patogenesi della lesione, bensì comprende l’analisi delle circostanze in cui si è verificato il danno, dalle quali discende l’effetto giuridico.
b) Lesione: è l’alterazione dell’integrità somatica e psichica della persona, dovuta al processo morboso in atto, a decorso evolutivo, contrassegnata dai seguenti elementi: anormalità, dinamicità e alterata funzionalità con ripercussioni sulla vita vegetativa e di relazione ed eventuale necessità di intervento terapeutico. Dalla gravità della lesione dipende l’entità delle conseguenze menomative; dalla durata della lesione dipende il tempo di dannosità; il decorso può essere verso la guarigione con restitutio ad integrum completa o con postumi permanenti, oppure verso un andamento cronico o la morte.
c) Menomazione: è la conseguenza concomitante o susseguente della lesione e consiste in una compromissione funzionale psico-fisica, quale la perdita dell’attività di un arto, l’aumento del rischio o la limitazione delle attività confacenti (vertigini, deficit visivi, epilessia post-traumatica). A seconda della durata della menomazione il danno può essere solo temporaneo o permanente.


Classificazione del danno.

1) Danno attuale: nel momento in cui si manifesta il danno biologico si realizza anche il danno giuridico.
2) Danno potenziale: al danno biologico in un soggetto giovane corrisponde un immediato danno alla salute, mentre l’attività produttiva risulterà compromessa solo al raggiungimento dell’età o del titolo di studio necessari per iniziare il lavoro.
3) Danno futuro: è legato al giudizio prognostico di una menomazione, destinata certamente o probabilmente a peggiorare con il tempo (artrosi post-traumatica) oppure il restringimento del campo delle attività confacenti è tale da impedire miglioramenti di carriera, cambi di mansioni ecc.
4) Danno aleatorio: è un peggioramento solo ipotetico, possibile, della menomazione , talmente incerto da essere imponderabile nelle sue conseguenze economiche. Non esiste un limite netto fra il danno futuro ed il danno aleatorio.

Proiezione del danno.

Il danno può interessare quattro branche principali dell’ordinamento giuridico per ciascuna delle quali i fondamenti giuridici, le finalità , i sistemi ed i metodi di valutazione tecnica sono diversi e hanno una propria autonomia, nonostante i punti di contatto esistenti sul piano teorico e nella rilevazione biologica del danno.
Danno in diritto penale: ogni individuo ha protetta l’integrità del proprio corpo. Questo principio trova riscontro nelle disposizioni relative all’omicidio, alle lesioni personali, agli attentati contro l’incolumità pubblica, ai reati sessuali ecc. ed è rafforzato dal divieto di autolesionismo (art. 642) e dai limiti posti dalla legge alla disponibilità del proprio corpo (art. 5 c.c.).
Danno in diritto civile: ha per scopo il risarcimento, cui il danneggiante è obbligato nei confronti del danneggiato, rapportato alla sua effettiva perdita economica e/o alla riduzione della sua integrità somato-psichica. I criteri di valutazione in sede civilistica differiscono profondamente da quelli prevalentemente biologici che si applicano in sede penalistica.
Danno nelle assicurazioni sociali: vi sono due diversi Enti assicurativi, l’INAIL, che indennizza la riduzione o la perdita dell’attitudine al lavoro conseguente ad infortunio o malattia professionale, e l’INPS, che indennizza la riduzione o la perdita della capacità di lavoro. Mentre in sede civile occorre commisurare l’entità della menomazione psico-somatica al reale danno economico del soggetto nei riflessi della capacità lavorativa generica e specifica, con due distinte valutazioni, nell’infortunio lavorativo la valutazione del danno biologico e l’indennizzo economico si fondano su regole e percentuali fissate dalla legge tenendo conto della capacità lavorativa generica, per l’I.N.P.S. le prestazioni spettano solo quando vengono raggiunti i limiti prefissati della perdita di due terzi della capacità lavorativa in attività confacenti alle attitudini dell’assicurato per l’assegno, oppure l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa per la pensione di inabilità.
Danno in assicurazione privata: con riferimento agli infortuni a polizza, sulla base di una obbligazione contrattuale che copre il rischio di lesioni corporali obiettivabili, prodotte da cause violente fortuite, la valutazione è effettuata utilizzando percentuali predisposte in polizza ed il valore economico sulla base del quale avviene la liquidazione è la somma assicurata, prescindendo dal reddito effettivo del sinistrato.

Accertamento del danno
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1) realtà del danno: necessita della constatazione obiettiva della lesione, delle circostanze e delle cause addotte dal periziando come responsabili del fatto lesivo. La certezza circa l’esistenza del danno si raggiunge integrando i rilievi di natura medica con le risultanze documentali e circostanziali, relative al fatto in esame.
2) cause del danno: il riconoscimento del nesso causale scaturisce da vari elementi di giudizio, che riguardano la natura dell’azione lesiva, la sua efficienza dannosa, la modalità patogenetica e la proporzionalità tra l’entità della lesione e l’efficacia lesiva della causa dichiarata.
3) natura del danno: si desume dai caratteri clinici e anatomo patologici, riguardanti la sede, l’estensione, la gravità, la durata e gli esiti della lesione.
4) entità del danno: dipende dall’entità clinica e dalle sue conseguenze menomative e quindi dalla sede, estensione emendabilità o meno dei postumi e dalla eventualità di aggravamenti futuri.
5) conseguenze del danno: risultano sia dalla menomazione, sia dallo stato anteriore del soggetto che potrà essere integro o variamente compromesso, non si trova comunque una costante corrispondenza tra menomazione funzionale e riduzione del rendimento lavorativo o compromissione della vita di relazione.
6) ripercussioni giuridiche del danno: si deve distinguere fra fatto lesivo, come pura compromissione biologica e fatto dannoso, che rappresenta la conseguenza giuridicamente rilevante del processo morboso, da cui dipendono gli effetti diretti della diminuita efficienza funzionale del soggetto, con i riflessi sulla sua capacità economica, e quelli indiretti di ordine sociale, come nel caso di danno estetico o del declassamento professionale.

Il danno risarcibile
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Fonti normative. Le norme che disciplinano la materia sono:
Art. 2043 c.c. Risarcimento per fatto illecito. – Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Art. 1218 c.c. Responsabilità del debitore. – Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Art. 185 c.p. Restituzione e risarcimento del danno. – Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili.
Ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui.
Art. 2059 c.c. Danni non patrimoniali. – Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.
Categorie di danno risarcibile. Il danno può quindi nascere da una responsabilità extracontrattuale o aquiliana, nella cui fattispecie sul danneggiato incombe l’onere della prova sia della colpa che del danno, o contrattuale, in cui il danneggiato deve provare solo il danno.
Il risarcimento è previsto o con la reintegrazione specifica, quando è in tutto o in parte possibile, altrimenti solo per equivalente (art. 2058 c.c.), e tale dovrà essere in caso di danni alle persone, identificando l’equivalente in una somma in danaro.
Per decenni, dalla iniziale impostazione giuridico-dottrinaria, il danno alla persona è stato riferito non al patrimonio “uomo”, quanto a quello di “uomo lavoratore” e la liquidazione mirava a riparare esclusivamente la perdita di capacità produttiva di reddito, nonostante fin dal 1952 il Gerin avesse inutilmente proposto di introdurre, accanto alla capacità lavorativa specifica, la validità psico-fisica, sovrapponibile al concetto di incolumità individuale, tutelata dal Codice penale, al quale assegnare un valore economico convenzionale ed uniforme, indipendente da attività lavorative; pertanto l’unico danno risarcibile rimaneva quello patrimoniale, con il riconoscimento del danno extra-patrimoniale, identificato esclusivamente nel danno morale, nei casi previsti dall’art. 185 c.p.
Dopo numerose sentenze innovatrici una svolta determinante è rappresentata dalla sentenza della Corte Costituzionale, 26/7/79, n. 88, la quale ha riconosciuto il danno alla salute, quale menomazione dell’integrità fisica in sè considerata, non suscettibile direttamente di valutazione economica, e quindi con carattere extra-patrimoniale risarcibile ai sensi degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.
Dopo altri sette anni caratterizzati da un fermento di idee, posizioni e proposte contraddittorie, la Corte Costituzionale si è nuovamente pronunciata con la sentenza n. 184 del 30/6/1986.
In questa sentenza la salute, bene giuridico costituzionalmente tutelato dall’art. 32, intesa non già come assenza di malattia o infermità, ma, secondo il concetto dell’O.M.S. oggi universalmente accettato, come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, viene a porsi al centro della valutazione del danno alla persona come bene primario: è infatti la lesione alla salute il danno-evento da cui possono derivare, oppure no, il danno morale soggettivo e l’incapacità lavorativa specifica.
Pertanto sono tre oggi le categorie di danno risarcibile:
1) danno alla salute o danno biologico. E’ inteso nel senso più vasto come lesione dell’integrità psico-fisica del soggetto e quindi limitazione delle sue potenzialità sociali, viene a conglobare la miriade di componenti della personalità dell’uomo che venivano ad essere compromesse dall’uno o dall’altro evento lesivo, quali il danno alla vita di relazione, il danno estetico, il danno della capacità sessuale, le piccole invalidità permanenti, l’incapacità lavorativa generica.
Richiede una metodologia valutativa identica a prescindere dalla situazione professionale (dipendente, autonomo, professionista) o non professionale (studente, casalinga, disoccupato, pensionato,) dell’interessato mediante l’impiego, a titolo indicativo, dei barèmes (modificati) in uso per valutare la riduzione della capacità lavorativa. Su questo punto le posizioni non sono uniformi.
2) danno patrimoniale. Consiste in una perdita economica da:
a) danno emergente, rappresentato dalle spese di cura, di assistenza, di controlli clinici, di vitto speciale, di apparecchi protesici, ecc.
b) lucro cessante, costituito dalla perdita del guadagno durante il corso della malattia, la convalescenza e anche successivamente se residuano postumi permanenti.
3) danno extra-patrimoniale, consiste in una condizione particolare di sofferenza fisica e psichica, cagionata dal fatto illecito; per legge il risarcimento è dovuto solo quando essi sia conseguenza di un reato, oppure dell’inosservanza di un regolamento (incidente stradale).

Valutazione e liquidazione del danno in responsabilità civile.

Ai fini liquidativi la Corte Costituzionale è stata chiarissima in merito: oltre alla voce relativa al risarcimento, per sè, del danno biologico, ove si verifichino, a seguito del fatto lesivo della salute, anche danni-conseguenze di carattere patrimoniale (esempio lucro cessante) anch’essi vanno risarciti, con altra autonoma voce ex art. 32 della Costituzione e 2043 c.c.
Così, ove dal fatto in discussione derivino danni morali subiettivi, i medesimi, in presenza, nel fatto, anche dei caratteri del reato, vanno risarciti ex art. 2059 c.c.
La Corte poi avverte del pericolo di duplicazioni risarcitorie e di gravi sperequazioni nei casi concreti.
-Stato anteriore. Non si può prescindere dallo stato anteriore del soggetto, che comprende l’età, il sesso, la costituzione individuale, la preparazione tecnico-professionale le tare patologiche e soprattutto le menomazioni preesistenti:
a) (concausa di lesione) lo stato anteriore aggrava le conseguenze del sinistro, il danno andrà risarcito per l’intero suo ammontare;
b) (concausa di menomazione) il sinistro aggrava lo stato anteriore (amputazione di un arto già precedentemente leso), andrà dedotta dal danno complessivo la quota derivante dalla menomazione già esistente nel sinistrato;
c) (coefficiente di maggiorazione) la menomazione derivata dall’evento dannoso si aggiunge all’invalidità preesistente (monocolo che perde l’occhio superstite), il risarcimento sarà maggiorato.
Occorre adeguare il concetto di stato anteriore alle singole fattispecie (principio dell’inesauribilità della validità umana), in modo che mai più venga detto che un cieco, amputato delle mani, subendo fratture vertebrali non aveva diritto ad alcun risarcimento perchè preesisteva l’inabilità e il diritto all’accompagnamento.
Danno alla salute.
Vanno compresi:
-il danno estetico (cicatrici, perdita di elementi dentari, fratture mandibolari con deformazioni del volto, ecc.);
-il danno alla vita di relazione (perdita dell’udito, della favella, ecc.);
-il danno alla capacità sessuale (perdita di uno o di entrambi i testicoli, impotenza al coito, impotenza a generare);
-il danno lavorativo generico (fratture vertebrali, perdita della milza o di un rene, ecc., lesioni che non sono considerate in altre voci del danno alla salute).
Di tutti i singoli danni si deve fare una valutazione globale, eventualmente considerando coesistenze e concorrenze, traducendola in una percentuale di danno alla validità, che corrisponde al solo danno alla salute.
Per la quantificazione del danno due sono le strade solitamente percorse:
a) valore di base del punto: studi di liquidazione di danni da responsabilità civili su tutto il territorio nazionale hanno accertato che il valore medio di base del punto era di 1.000.000 nel 1987, rivalutato può essere di 1.180.000 alla fine del 1990. Tale valore base può essere aumentato fino al 50% per le fasce di età più giovani e per le percentuali di danno più elevate.
b) capitalizzazione indicizzata: si moltiplica il triplo della pensione sociale annua per la percentuale di danno ed il coefficiente d’età del soggetto, quindi si divide per 100.
Il risarcimento del danno per il periodo d’invalidità temporanea, a cui ha diritto anche il dipendente che continua a percepire lo stipendio, viene valutato dividendo il triplo della pensione sociale per 365, quindi moltiplicando il risultato per i giorni di invalidità temporanea.
Danno patrimoniale.
-Il danno emergente deve essere accertato in base ai documenti di spesa per prestazioni, ricoveri, esami ecc., delle protesi deve essere tenuto conto delle necessità di rinnovi periodici, così le protesi dentarie necessitano di un rinnovo ogni 10 anni circa (fino ai 60-65 anni), quelle degli arti inferiori ogni 2 anni per tutta la vita. Il consulente deve inoltre verificare l’eventualità di trattamenti correttivi, (osteotomie, rimozioni di placche di osteosintesi, trapianti ossei per pseudoartrosi, asportazione di cicatrici deturpanti).
-L’inabilità temporanea comprende tutto il periodo della malattia fino alla completa guarigione, nonchè il periodo della convalescenza, si considera cessata quando il soggetto è in grado di riprendere regolarmente il proprio lavoro, indipendentemente dal fatto che lo abbia ripreso oppure no. L’inabilità risarcibile può non coincidere con l’inabilità clinica, come avviene invece in campo penale, infatti lesioni minime (ecchimosi, ferite superficiali) possono non determinare una incapacità lavorativa, viceversa lavoratori autonomi preferiscono lavorare anche con un arto ingessato.
L’inabilità temporanea può essere assoluta, pari al 100%, o parziale, passando al 75%, al 50% o al 25%. Viene liquidata dividendo il reddito fiscale dichiarato per i giorni lavorativi dell’anno e moltiplicando per i giorni di inabilità temporanea e la percentuale di questa. E’ naturalmente indipendente dalla diaria liquidata per danno alla salute.
-Compromissione della capacità lavorativa specifica: trova collocazione solo se e nella misura in cui venga effettivamente provato che l’accertata lesione si rifletta sulla capacità di guadagno e di lavoro del danneggiato e non è agevole nè provare l’influenza negativa, nè percentualizzarla ai fini della liquidazione. Sono state proposte da vari autori 5 possibilità di ripercussione della lesione sull’attività lavorativa:
a) La lesione alla salute non incide sulla capacità lavorativa specifica. (0-10% = piccola invalidità permanente).
b) La lesione incide sull’attività specifica, ma è con essa compatibile. (Percentuale di danno lavorativo generico variata in più o meno a seconda della reale incidenza sull’attività lavorativa specifica, partendo da un valore soglia dell’11% fino ad un tetto del 45% = media invalidità, compatibile con il lavoro).
c) La lesione determina la perdita della capacità lavorativa specifica, ma sarebbe o è compatibile con altre attività della stessa categoria. (100%-%capacità generica residua, comunque da liquidare mai meno del 46% = invalidità collocabile).
d) la lesione determina la perdita della capacità lavorativa specifica, ma sarebbe o è compatibile solo con attività di altre categorie che prevedono declassamento o sono impraticabili per l’età dell’interessato. (100%-%capacità generica residua, comunque da liquidare mai meno del 74% = invalidità pensionabile).
e) La lesione rende incompatibile qualsiasi attività lavorativa. (100% = inabilità).
Il calcolo della liquidazione (L) si effettua moltiplicando il reddito fiscale annuale (R) del soggetto all’epoca del sinistro per la percentuale di invalidità permanente (%I) e per il coefficiente (c) corrispondente all’età del soggetto desunto dalle tabelle per la costituzione delle rendite vitalizie immediate, diviso per 100: L = R x %I x c / 100.
Il valore così ottenuto va ridotto del 10-30% per compensare lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa (maggiore nelle attività dipendenti manuali o impiegatizie, minore nelle attività autonome e nelle professioni intellettuali).
Il reddito fiscale preso come parametro non deve essere mai inferiore al triplo della pensione sociale (disoccupato, lavoratore stagionale o saltuario, ecc.).
Danno extra-patrimoniale. La liquidazione è stabilita in via equitativa dal giudice sulla base di considerazioni individuali di ordine soggettivo, con riferimento alle turbe psico-fisiche dell’evento dannoso e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, considerando anche i diversi tipi di lesioni, il decorso della malattia e la gravità degli esiti.